Per “dare vita” alla moda sono molte le figure che insieme collaborano, ma il soggetto principale è uno solo: colui/colei genera l’idea nella sua mente e poi sa “comunicarle” al suo staff di lavoro.
(fonte foto: web)
Nel corso degli anni questa figura “generatrice di idee” ha cambiato nome: un tempo si parlava di couturier che poi si è tradotto in stilista, mentre oggi si chiama fashion designer.
Cambia il nome della professione, ma non cambia il tipo di lavoro: un capo si progetta, un po’ come si farebbe per una casa! Si propone la novità al passo con i tempi.
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La famosa “tendenza” si traduce in colori esatti e modelli precisi. Insomma il risultato è quello di nuovi modelli comportamentali. Oltreché estetici, quindi, anche di contenuto.
La vena creativa è l’ingrediente principale che lo stilista deve avere. Ma non basta. Per poter “creare la novità” deve anche studiare le ricerche di mercato e saperle interpretarle.
Insomma cogliere il bisogno dei consumatori significa da sempre fare goal.
Oltre a capacità organizzative deve saper comunicare le sue idee creative ai tecnici: modellisti che realizzeranno cartamodello in tela prima (prototipo) e poi in tessuto reale, con i laboratori di produzione per la ripetizione in serie, con l’area marketing e comunicazione, con l’interfaccia i punti vendita. Senza dimenticare fotografi e modelle che indosseranno la sua “idea”.